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Cosa dice mamma

La morte da quando c’è la vita

Ci avviciniamo all’ingresso mano nella mano. “Certo, io non farei mai una festa al cimitero” apostrofa Claudio. “Beh no, amore, non è proprio un posto da festa, è il luogo dove veniamo a trovare le persone che amiamo e che sono morte”. Non oggi, a quanto pare: “Ora chiude alle 17″ annuncia un uomo sui 65 venendoci incontro. Provo a consolare i bimbi visibilmente delusi e lui vuol fare la sua parte: “Meh dai, ora li porti a comprare un gelato”. E certo perché oggi eravamo indecisi tra un cono e un giro tra i loculi.

Ci accompagna per un pezzo di strada mentre continua a fare apprezzamenti sulla madre dei miei figli per concludere, finalmente all’auto: “Senti, te lo devo proprio dire, grazie per questi occhi bellissimi”. Infatti sollevo gli occhi al cielo come si confà in mezzo ai cipressi e scuoto la testa com’è d’uopo dinanzi all’incomprensibile. In un attimo resto senza pretendente ma con la pretesa dei bambini di tornare il giorno dopo.

Due girasoli e la passeggiata fino alla panchina. Quella panchina al sole che prima era anticamera dell’incertezza e ora è salotto di un tempo nuovo. È così da un annetto, da quando vengono in questo “posto bello, con tanto verde, ma non abbastanza bello da farci una festa” consapevoli della morte. Con la stessa naturalezza con cui pongo loro la verità, loro la interpretano secondo una verità bambina. Così di queste visite al cimitero ne hanno fatto il loro tempo col nonno. Con nonno Angelo fanno merenda, scattano fotografie e non ne hanno mai abbastanza di racconti. Da quelli teneri a quelli divertenti. A quelli splatter. Com’è morto? E tu dov’eri? E chi vede il suo scheletro? Dopo aver letto tutti i nomi dei suoi compagni di viaggio nell’Aldilà, lasciamo il nonno ma non la fame di domande. “Elencami tutti i modi in cui si può morire” mi avevano chiesto l’anno scorso. Ora sono tremendamente interessati alla vita dopo la morte. Dove si va? Cosa si fa? E non si danno pace delle mie risposte agnostiche sull’argomento. “Ok, ma tu cosa pensi?”

Penso che non saperlo va bene. Che i misteri hanno fascino, che i nonni potrebbero essere in cielo o accanto a noi, reincarnati in qualcun altro o negli uccellini che si posano sul nostro prato ogni mattina. Che tutto può essere e va bene così. Penso che sono fortunata ad aver letto Terzani prima di dover rispondere a tutte le loro domande. È il corpo, solo il corpo che muore. E noi siamo infinitamente più di questa carne e queste ossa con cui usiamo identificarci. I bambini lo hanno capito perfettamente, lo dicono anche nelle nostre gare d’amore. “Io ti amerò fino a quando sarai morta. Anzi no, anche dopo. Amerò la tua anima“. “No, mamma – sentenzia il piccolo – tu devi farti gli Horcrux!” “Ma non si può – replica il saggio – Io però non ho capito perché solo Gesù può risorgere. Non è giusto!”

Non è giusto tutto il tempo negato a tanta bellezza. Dodici anni fa la morte era assenza e vuoto e ora, ora vedo due bambini che si interrogano sulla vita dopo la morte e io mi rispondo quanto sia cambiata la morte da quando c’è tanta vita nella mia vita. E non importa davvero sapere se questi nonni li proteggono da lassù o da chissà dove, conta sapere che quaggiù proteggiamo il loro ricordo. E allora non sarò miracolosa come Gesù né immortale come Voldemort ma non posso non vedere in questa loro curiosità qualcosa di sacro e qualcosa di magico. Perché è solo con tanta vita che l’etereo si fonde al materiale. Come una sera di qualche tempo fa, come tutte quelle volte che ti denudano in mezzo a una piazza.

Come quando hai lavorato duramente per ore, con due bimbi al seguito di cui uno con pustole da mani bocca piedi, quella esantematica che manco un nome vero le hanno dato, quando hai preparato mille sorprese con i piccoli per festeggiare il papà, quando hai cucinato i panzerotti, preparato i bambini per la nanna e sistemato casa e tuo figlio piccolo seduto sul gabinetto per la cacca delle 22.30 ti chiede: “Mamma, cos’è l’anima?
Tu guardi l’orologio, e la tua faccia allo specchio, e pensi l’animadelimorta… Poi no. Guardi lui, di quegli sguardi senza tempo, e pensi che più che 21 grammi la tua anima pesa 16 kg per due.

 

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