Questa mattina a colazione ripetevamo le regole dell’orologio. La didattica a distanza porta i bimbi lontani da scuola ma noi a distanze ravvicinate. La scuola è sempre, è in ogni dove. La scuola è nei messaggi a tutte le ore, nelle voci delle maestre che emozionano i bambini e, forse, viceversa.
Alessandra Erriquez
Nella classe di Davide la storia si studia partendo dalla propria, anzi dalle fonti. Così insieme abbiamo cercato fotografie di lui piccolino, e biglietti e ricordi. Ed è lì che sono spuntate vecchie foto di me e Marco ragazzini, pischelli ignari di ciò che sarebbe stato. E una foto di me, ventenne, capelli lunghi e abbronzatura, un primissimo piano per due occhi molto grandi per una piccola donna. Ero bella e non lo sapevo.
Ci avviciniamo all’ingresso mano nella mano. “Certo, io non farei mai una festa al cimitero” apostrofa Claudio. “Beh no, amore, non è proprio un posto da festa, è il luogo dove veniamo a trovare le persone che amiamo e che sono morte”. Non oggi, a quanto pare: “Ora chiude alle 17″ annuncia un uomo sui 65 venendoci incontro. Provo a consolare i bimbi visibilmente delusi e lui vuol fare la sua parte: “Meh dai, ora li porti a comprare un gelato”. E certo perché oggi eravamo indecisi tra un cono e un giro tra i loculi.
“Ma le guerre esistono davvero?”
“Purtroppo sì. Ci sono Paesi tuttora in guerra”
“E qualcuno è mai morto in una guerra?”
“Sì, moltissime persone. È per questo che tante famiglie scappano dalle loro case per venire qui. Vi ricordate quando vi ho detto di Salvini che non voleva accoglierli e li lasciava in mare?”
…
“Io, questa cosa, non me la sto scordando mai”.
Questo sarà un post banale. Come si fa a scrivere un ricordo di De André senza esprimere concetti già riferiti e meraviglie già sottolineate? Del resto oggi lo ha citato persino il Ministro dell’Interno, scegliendo il primo verso del Pescatore. Per ricevere omaggio dagli ascoltatori di Faber della scoperta che quei versi non li aveva capiti bene bene bene.