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Cosa dice mamma

Quando il Covid entra in casa tua

Quando il Covid è entrato in casa nostra, lo ha fatto in punta di piedi un venerdì, e non uno qualunque, in cui il piccolino aveva un po’ di febbre, bassa. Nulla ci faceva pensare. E invece.


Quando il Covid è entrato in casa nostra, la prima cosa da affrontare è stato il pianto terrorizzato di Claudio. Non è stato facile tirargli fuori quella paura ma non ho desistito finché all’orecchio, sottovoce, non mi ha detto: Di covid si muore anche. Ho sentito il mio cuore friggere nel vedere un pensiero così grande a gravare su un bambino così piccolo. Gli ho spiegato che poteva stare tranquillo, visto che lui aveva solo poca febbre e nessun altro sintomo. Che la preoccupazione arriva per chi ha sintomi più gravi. Per esempio? Mi ha chiesto. Per esempio qualcuno ha difficoltà a respirare.

Era entrato in punta di piedi ma non sapevamo che fossero gli scarponi con punta metallica.
Il giorno dopo avevamo tutti sintomi, tranne la gatta. Mentre andavo a fare un tampone, Claudio, con la voce come un soffio mi ha chiesto: Mamma, ma tu respiri bene? Sì, ho sempre respirato bene, solo la loro tenerezza mi ha tolto il fiato. Intanto tutti negativi al tampone rapido. Evidentemente fallace.

La seconda cosa da affrontare è stata la lotta per ottenere un molecolare nel weekend. Il Covid di sabato e domenica è più arrogante del solito. E venne la domenica, il giorno della positività. A quel punto, la paura di Davide. Ero preparata stavolta: Dimmi amore di cosa hai paura? Di dover prendere l’antibiotico. Ah.
È stato bellissimo vedere i piccoli al terzo giorno, come se il Covid non li avesse mai sfiorati. Saltavano pieni di energie. Claudio ogni giorno ci aggiornava su dove fosse andato il suo Covid, oggi Londra, oggi Parigi. Davide apparecchiava la tavola per aiutarci un po’. Noi non saltavamo. I nostri sintomi sono durati abbastanza da bestemmiare la sveglia per la Dad, abbastanza da farci fare la gara di chi aveva più febbre o più dolori per salvarsi dall’ennesimo “Mamma o papà può venireeee?”

Di questi 23 giorni porto il ricordo dei dolori, dei bimbi che fanno tamponi ai peluche, dei pranzi e delle cene tutti insieme, delle maratone di Friends. Della collaborazione come unico strumento contro la fatica insormontabile. Di me che saluto il medico del tampone di guarigione dicendo Arrivederci. Ma che problema ho? L’ho rivisto infatti. Non poteva essere che una positività a lungo termine, la nostra. Dovevamo vedere ancora il matrimonio di Ross e Rachel ubriachi.

Porto il ricordo del lavorare pure positiva (e figurati), del mio zoppicare, di chi ci ha portato cibo o medicine mollati in giardino, del mal di testa massacrante. Dei pensieri affettuosi, la migliore cura.

Quando il Covid è entrato in casa nostra ho imparato molte cose, su di noi, sulle persone attorno. Su tutto, ho imparato questo: che se il Covid entra in casa tua è una fortuna prenderlo tutti insieme (se tutti insieme si resta a casa, naturalmente), che non si è mai troppo stanchi o troppo preoccupati per non fare una lotta con i cuscini senza pietà, che finché senti il sapore delle rape stufate va tutto bene.

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